La rieducazione in età evolutiva - dorso curvo

La rieducazione in età evolutiva - dorso curvo

N Verzini, S Parzini
Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore interessati alle patologie vertebrali. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico.

 

 


Introduzione

Nelle ipercifosi giovanili occorre distinguere la componente strutturale (rigida) da quella posturale (volontariamente riducibile). Il compito principale della rieducazione è di ridurre per quanto possibile la componente di rigidità e stabilizzare progressivamente la riduzione ottenuta mediante tecniche di rafforzamento muscolare e di integrazione neuromotoria. Il trattamento deve offrire al paziente i mezzi utili per correggere la deformità, ma questi, per essere efficaci, devono essere adeguatamente utilizzati. Sono quindi fondamentali sia l’impegno attivo del paziente, con l’aiuto e la sorveglianza dei genitori, sia l’azione dell’equipe terapeutica, che deve tende a creare un clima di reciproca fiducia con il paziente e la famiglia.

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La valutazione

La valutazione del paziente permette di realizzare due obiettivi fondamentali: adattare le modalità terapeutiche e valutare i risultati del trattamento. L’esame è rivolto al corpo nel suo insieme. E’ necessario quindi avere una visione globale del soggetto, a dorso nudo, posto in posizione ortostatica indifferente, visto di fronte, di dorso e di fianco. Nell’esame statico si devono evidenziare: l’equilibrio dei piedi, l’allineamento degli arti inferiori, l’equilibrio sagittale e frontale del bacino, l’asimmetria dei fianchi, l’addome, il rachide nel suo insieme, le eventuali disarmonie morfologiche del torace e, infine, il portamento delle spalle e del capo. Si misurano le frecce sagittali in rapporto alla verticale per evidenziare le varie forme di deviazioni e la loro ampiezza (Figura 1).

Figura 1

La valutazione della mobilità articolare in generale, ed in particolare del rachide mediante l’autoallungamento in senso assiale, permette di evidenziare le zone rigide nelle curve. Il rieducatore dovrà rivolgere la sua attenzione alla valutazione delle rigidità muscolo-articolari, in particolare sulla diminuzione dell’estensibilità di alcuni gruppi muscolari (retrazione dei pettorali, retti superiori, psoas, ischio-crurali), che incidono negativamente sulle curve sagittali. Per completare il quadro della valutazione si passerà all’esame del soggetto in movimento: l’osservazione della coordinazione gestuale, dell’equilibrio, della destrezza, dell’armonia o della mancanza di abilità possono influenzare l’orientamento terapeutico. Altrettanto importante è la rilevazione di eventuali fattori aggravanti, quali i disturbi visivi, l’eccessiva timidezza, disturbi psicologici, ecc., che possono talvolta richiedere l’intervento di uno specialista in questi problemi.

 

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Obiettivi terapeutici e azioni correttive

Nell’ipercifosi può variare l’apice della curva. Normalmente l’apice è a D6 ed è compensato da una iperlordosi. Talvolta risale a D3-D4, interessando anche la colonna cervicale che si lordosizza, oppure discende a D8-D9, come nella cifosi totale o estesa, determinando un breve compenso in lordosi da L3 a L5. In tutti questi casi, il torace tende ad appiattirsi affossandosi e a perdere la sua elasticità. Nella cifosi alta, la cintura scapolare si eleva e si appoggia in avanti sul torace. Le spalle si antepongono ed intraruotano, dando ancor più l’impressione di un maggiore appiattimento del torace.

 

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Ipercifosi con apice a D6 e a D3-D4

L’intervento rieducativo deve essere rivolto innanzitutto alla mobilizzazione nel senso dell’estensione assiale, bloccando in posizione corretta le zone mobili adiacenti (colonna lombare e cervicale). Gli esercizi di mobilizzazione devono essere localizzati sulla rigidità della curva cifotica. All’inizio del trattamento si preferisce agire con la colonna in scarico su un tavolo, gli arti inferiori flessi e con le mani del rieducatore in presa nuca temporale; mantenendo il mento ben retratto, si eserciterà una estensione assiale ritmica, alternando azioni di trazione manuale a momenti di pausa (Figura 2). Sempre con il soggetto su un tavolo si eseguiranno stiramenti del trapezio superiore, degli intercostali, dei pettorali e degli ischio crurali. 

Figura 2

In posizione seduta sarà il soggetto stesso, posto contro un montante su un sedile che gli permetta di mantenere la retroversione a cercare, retraendo il mento, di estendere il più possibile il tratto interessato dalla curva cifotica. In questa posizione si inizierà a rafforzare i muscoli spinali, prima con l’azione delle sole braccia, poi con pesi in mano e sul capo, via via crescenti in rapporto alla capacità di estensione della curva cifotica (Figura 3). I muscoli paravertebrali devono essere portati ad agire sempre nel senso del raddrizzamento delle curve interessate. Anche i muscoli scapolari devono essere sollecitati con la colonna in estensione, perché con la loro azione favoriscono la rettilineizzazione delle vertebre coinvolte nella curva cifotica e una buona espansione del torace.

Gli esercizi respiratori contribuiscono a loro volta alla mobilizzazione dorsale e allo sviluppo toracico.

 

Figura 3

 

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Cifosi totale

La cifosi totale o estesa è poco frequente in età giovanile: quando è presente si tratta sovente di una cifosi estesa fino ad interessare la cerniera dorso-lombare, mentre la curva lombare è limitata normalmente da L3 a L5. L’apice della convessità tende a scendere a D8-D9. Sono frequenti la anteposizione del capo e delle spalle su un torace appiattito nella sua parte superiore, mentre nella parte mediana è talvolta presente uno sterno carenato.

La maggiore rigidità è localizzata nelle vertebre dorsali interessate dalla deformazione. La flessione avanti è facilitata, ripartendosi sull’insieme della cifosi, mentre la flessione indietro è limitata e si localizza alla cerniera sacro-lombare.

In questo caso si evidenzia la necessità di diminuire la curvatura esagerata riportando per quanto possibile l’apice della curva verso D6, cercando di ricostruire la curva lombare nella sua ampiezza. Gli esercizi eseguiti in stazione seduta verranno localizzati con spinte esterne esercitate dal rieducatore sulle vertebre apicali della deformità, mantenendo le scapole in adduzione.
 

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Cifosi dorsolombare

Nella cifosi dorsolombare, la parte inferiore della colonna lombare è normalmente costruita su una base sacrale ben orientata, mentre la colonna dorsale nella sua parte media e superiore tende al dorso piatto. Tra le due zone si evidenzia una convessità posteriore localizzata fra D11-D12 e L3-L2.

La cifosi dorsolombare si accentua particolarmente nella stazione seduta abituale. Si può dunque pensare che, presso soggetti particolarmente predisposti, spesso ipotonici e ipotrofici, l’abuso della posizione seduta, mantenuta a lungo abbia favorito la formazione della deformità. Di conseguenza, la postura seduta, sarà in modo particolare oggetto di attenzione da parte del rieducatore.

Nella flessione del tronco avanti, la curvatura cifotica si evidenzia soprattutto nella cerniera dorso-lombare con una marcata sporgenza delle apofisi spinose da D11 a L3. Nella flessione indietro questa curvatura rimane bloccata, in quanto la colonna si mobilizza nella regione dorsale media e alta e in quella lombare bassa.

Partendo con un bacino ben fissato in una posizione che permetta di riformare una lordosi il più possibile normale e con la curva dorsale ricostruita, le azioni di mobilizzazione saranno localizzate alle vertebre cifotiche rigide. Le masse comuni paravertebrali, con le loro inserzioni inferiori bloccate sul bacino ben fissato, raddrizzano la cifosi dorso-lombare tirando sulle loro inserzioni superiori, in associazione con i piccoli muscoli spinali profondi, mentre la tensione dei muscoli psoas traziona localmente in avanti la cerniera dorso-lombare.

Con il soggetto in posizione supina, gli arti inferiori flessi, verrà posta a livello della cifosi una fascia di tela (Figura 4); il rieducatore impugnando i lembi esterni eserciterà una trazione guidata verso l’alto, fino a estendere il tratto interessato dalla curva. Successivamente, con il soggetto in posizione seduta, con il bacino bloccato e il tratto dorsale mantenuto in cifosi con un’azione dei pettorali, il rieducatore deve posizionare i pollici sull’apice della cifosi invitando il soggetto ad aprire l’arcata costale, mentre con le altre dita favorisce l’estensione del tratto vertebrale interessato (Figura 5).

Figura 4   Figura 5
 

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Dorso piatto o cavo

L’aumento in altezza del muro anteriore dei corpi vertebrali all’apice della cifosi provoca una deformazione strutturale e rigida. La radiografia mostra una colonna troppo rettilinea nel suo insieme.

Il dorso piatto o cavo si presenta spesso senza curve (è difficile stabilire l’apice), con il torace piatto, proiettato in avanti, e con una notevole riduzione del diametro anteroposteriore (“torace a sogliola”). Le spalle sembrano larghe e cadenti verso dietro. La colonna dorsale è situata nel fondo di una incavatura fra le due scapole “alate” e abbassate in adduzione. La colonna cervicale, prendendo appoggio su vertebre più orizzontalizzate, perde la sua curva e va, nei casi più conclamati, in cifosi.

Il dorso piatto è molto mobile solo nel senso dell’estensione, mentre i movimenti in flessione hanno perso la loro ampiezza. Risulta pertanto molto difficoltoso ricostruire una curva cifotica normale. Il lavoro correttivo deve essere ben localizzato nel senso della cifotizzazione, evitando tutte le estensioni dorsali. La curva cervicale viene ricostruita con il piazzamento del capo in posizione normale e la nuca viene abbassata in leggera flessione dorsale.

I muscoli addominali svolgono un ruolo importante e particolare: la porzione bassa deve bloccare il bacino in posizione fisiologica, mentre quella superiore deve cifotizzare la colonna dorsale con un lavoro cinetico in accorciamento a livello delle inserzioni toraciche. Gli antagonisti paravertebrali devono essere esercitati con contrazioni di forza di tipo isometrico, in allungamento, su una colonna dorsale cifotizzata, favorita dall’anteposizione delle spalle, con contrazioni isotoniche in accorciamento dei pettorali (Figura 6).

Figura 6

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La rieducazione in trattamento libero

Qualunque sia l’eziologia della ipercifosi, il processo rieducativo richiede di rispettare le seguenti tappe:

  1. Presa di coscienza del rachide
  2. Presa di coscienza della postura corretta
  3. Mobilizzazione ed educazione respiratoria
  4. Rafforzamento muscolare e integrazione neuromotoria
  5. Ergonomia

Prendiamo in esame, in questa sede, il trattamento della ipercifosi con apice a D6, perchè si rivela come la forma di deviazione sagittale maggiormente diffusa in età giovanile, e quindi essa rappresenta il campo d’azione elettivo della cinesiterapia. Le altre forme patologiche di cifosi richiedono adattamenti particolari, che abbiamo già evidenziato nella presentazione delle azioni correttive specifiche per ogni deformità.

 

 

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Presa di coscienza del rachide

Acquista una particolare importanza in quanto il rachide è poco rappresentato a livello corticale. E’ senz’altro questa la ragione per cui tale apprendimento risulta spesso difficoltoso.

All’inizio si eseguiranno esercizi di presa di coscienza mediante contatti e posizioni assunte in decubito supino al suolo, quindi da seduto e in piedi prendendo come punto di riferimento un montante. Successivamente, mediante l’utilizzo di due specchi il soggetto potrà osservare la sua schiena prendendo visione dell’ampiezza, forma e localizzazione delle curve sagittali (Figura 7).

 

Figura 7

 

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Presa di coscienza della postura corretta

Un obbiettivo fondamentale nel trattamento dei soggetti cifotici è la presa di coscienza della postura corretta nello spazio.

L’esercizio consisterà nel posizionamento del tronco nella postura abituale, rilasciata (massima posizione scorretta), invitando il soggetto a passare all’estrema correzione, per 4-5 volte. Ovviamente non ci si può aspettare che l’estrema posizione corretta sia mantenuta nel tempo, perché richiede molto sforzo e non vi è quindi alcuna possibilità di conservarla a lungo. Si chiederà quindi al paziente di rilasciarsi leggermente fino a raggiungere una “postura intermedia”, che richiedendo uno sforzo notevolmente inferiore, potrà essere mantenuta più a lungo nel tempo (Figura 8). All’inizio il paziente tenderà a perderla facilmente, ma la ripetizione continua dell’esercizio nel piano di trattamento, permetterà gradualmente di raggiungere lo scopo prefissato.

Ultimo obiettivo sarà quello di arrivare ad acquisire il controllo del mantenimento della postura intermedia corretta, passando preferibilmente dalle posture statiche a quelle dinamiche con la ricerca della maggior naturalezza possibile, qualunque siano le influenze esterne alle quali il rachide è sottoposto. Lentamente il soggetto, mediante la sua collaborazione, potrà integrarla nelle attitudini e nei gesti della vita quotidiana, al fine di acquisire nel tempo un automatismo di correzione sempre più duraturo.

 

Figura 8

 

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Mobilizzazione ed educazione respiratoria

La mobilizzazione, esercitata nel senso dell’estensione, deve sempre essere proporzionata alle capacità di sostegno della colonna, realizzata sia con o senza tutori, al fine di evitare il collasso dell’intera struttura. Questa azione sarà intensiva prima di un gesso o di un corsetto a tempo pieno, mentre nel trattamento con corsetto a tempo parziale e nel trattamento libero dovrà procedere di pari passo con il rafforzamento muscolare e con l’integrazione della postura corretta.

Anche gli esercizi respiratori contribuiscono alla mobilizzazione dorsale, favorendo contemporaneamente lo sviluppo del torace.

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Rafforzamento muscolare e integrazione neuromotoria

Una volta appresa la postura corretta intermedia è indispensabile inserire un valido programma di rafforzamento muscolare che ne faciliti l’integrazione a livello corticale consentendo di mantenerla più a lungo e con il minor sforzo possibile.

I principali muscoli da rafforzare sono quelli antigravitari, in particolare: i muscoli paravertebrali mediante controresistenze realizzate con carichi posti sul capo; i muscoli scapolari, che dovranno essere rafforzati in accorciamento, utilizzando posizioni da seduto (in ginocchio, in semipiegamento e in piedi, con busto eretto e inclinato) con l’aggiunta di manubri (Figura 9); i muscoli addominali e glutei, che svolgono un’importante azione per il mantenimento della postura corretta del bacino. I muscoli addominali devono essere rafforzati in lunghezza normale, per evitare che il loro accorciamento, esercitando una trazione sul torace, faciliti la cifotizzazione del tratto dorsale.

Figura 9

Altrettanto importante è il rafforzamento muscolare degli arti inferiori, da realizzarsi con semipiegamenti, con e senza pesi sul capo, allo scopo di realizzare un maggior equilibrio e una migliore stabilità della colonna.

Unitamente al rafforzamento deve essere introdotto un programma di integrazione neuro-motoria, per migliorare il controllo della colonna a livello corticale, impiegando inizialmente posture statiche, poi progressivamente quelle dinamiche. A tale scopo vengono fatti eseguire movimenti con gli arti superiori e/o inferiori, fino ad arrivare a effettuare semplici andature mantenendo la postura corretta con naturalezza.

Per quanto riguarda le stimolazioni propriocettive è molto importante sottolineare che nei soggetti cifotici che presentano delle rigidità si devono utilizzare con molta prudenza e gradualità le stimolazioni labirintiche (piani instabili, posture squilibranti, ecc.), perché sollecitano reazioni di difesa in flessione del rachide.

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Ergonomia

Se si considera il ruolo di primaria importanza, quali fattori causali secondari, dell’azione negativa dei carichi statici connessi con la postura seduta abitualmente rilasciata degli adolescenti durante la vita quotidiana (a scuola, davanti al televisore, al computer, ecc.), anche l’educazione del paziente riveste un ruolo importante per il buon esito della terapia.

Il soggetto cifotico deve imparare ad utilizzare “bene” la sua colonna nei gesti e nelle posture della vita quotidiana. Trattandosi di adolescenti sarà molto importante studiare la posizione al banco scolastico, ricercando stratagemmi per modificarla in modo ergonomico. A loro viene consigliato di cambiare spesso posizione cercando di evitare le posture che comportano una flessione del rachide. A questo proposito un valido aiuto è dato dall’utilizzo di un leggio: l’inclinazione del libro evita l’eccessiva flessione del rachide dorsale. Anche la posizione al computer deve essere verificata, adattando l’altezza della sedia e del piano di appoggio della tastiera e del monitor.

Un altro elemento ergonomico da considerare è come sollevare, trasportare, posare pesi. Si insegnerà al soggetto come piegarsi sulle gambe, anziché flettere tutta la colonna, così pure come spostare ed appoggiare dei pesi da e verso l’alto, prestando attenzione a controllare la lordosi lombare. Si raccomanderà al soggetto, una volta raggiunto un buon grado di mobilizzazione e di autocontrollo del rachide, l’utilizzo di macchine in una palestra di fitness per incrementare il rafforzamento muscolare in postura corretta, in un ambiente psicologicamente più piacevole.

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La rieducazione in trattamento ortesico

In preparazione all’indossamento del corsetto o del gesso, si devono eseguire esercizi intensi di mobilizzazione delle zone rigide del rachide e di stiramento dei muscoli retratti delle cinture e della gabbia toracica. Questo periodo va dalla prescrizione del tutore fino all’indossamento dello stesso, e talvolta continua anche durante l’uso dell’ortesi.

La prima fase del trattamento con il gesso o il corsetto prevede esercizi di scostamento dai punti di maggiore pressione, in particolare dai pressori dorsali e dagli appoggi claveari. Bisognerà insegnare al soggetto a retrarre il mento e ad autoallungarsi sgusciando dai pressori. L’estensione del rachide deve andare al di là delle pressioni esercitate sull’apice della curva, fuoriuscendo dal corsetto stesso (Figura 10).

 

Figura 10

Una volta appresa questa azione di ipercorrezione all’interno del corsetto, si inizierà un programma di esercizi di mobilizzazione e di rafforzamento da eseguire con il corsetto, identici a quelli già presentati nella fase senza corsetto. E’ opportuno far eseguire anche qualche esercizio senza corsetto per evitare di perdere il controllo della colonna al di fuori del tutore.

In questa fase è fondamentale associare una corretta educazione respiratoria, al fine di migliorare il più possibile la capacità vitale e mantenere una buona elasticità costale.

Quando l’indossamento diventerà a tempo parziale si inseriranno esercizi da eseguire senza corsetto in rapporto al numero delle ore di indossamento e alla capacità del soggetto di mantenere nel tempo una postura corretta. Verranno quindi fatti eseguire esercizi di rafforzamento ed esercizi per apprendere a gestire la colonna indipendentemente dal tutore, fino ad arrivare ad un piano di lavoro in trattamento libero, dopo la rimozione completa del corsetto, seguendo le indicazioni già in precedenza enunciate.

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Conclusione

Il trattamento è fondamentale per correggere la deformità ed offrire un adeguato rinforzo delle capacità toniche di sostegno del rachide. Tuttavia la nostra esperienza ci insegna che nessun dorso curvo giovanile migliora senza l’impegno del paziente a voler integrare l’atteggiamento di correzione nelle posture abituali della vita quotidiana.

Un ostacolo, talvolta insormontabile, è rappresentato dal disagio psicologico provocato da problemi legati alle difficoltà di crescita, ai rapporti conflittuali con i genitori o con i compagni, a difficoltà di accettazione del proprio corpo. La postura in flessione può diventare per l’adolescente un elemento di chiusura, di isolamento, di autodifesa. In questi casi è indispensabile instaurare un rapporto di fiducia con il paziente per rimuovere questi ostacoli. Un valido aiuto per superare tali difficoltà è offerto dalla partecipazione ad attività sociali, ricreative e sportive, che devono essere progressivamente incoraggiate, nei tempi e nei modi adeguati.

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Bibliografia

  • Calza A., Tognolo M. Il trattamento chinesiologico del dorso curvo. PPS Ed., Villaverla (VI), 1999
  • Charrière L., Roy J. Kinésithérapie des déviations antéro-postérieures du rachis et de l'épiphysite vertébrale. Masson Ed., Paris, 1975
  • Ferraro C. Approccio riabilitativo all’ipercifosi: l’esperienza italiana. In Negrini S, Sibilla P Eds. Le deformità vertebrali: stato dell’arte. Vigevano, Gruppo di Studio della Scoliosi, 2002. 2: 143-9
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  • Mollon G., Ollier M., Rodot JC. Deviazioni antero-posteriori del rachide: sviluppo della forza muscolare e rieducazione posturale, Enciclopedie Medico-Chirurgicale, 26310 a 10 (parte terza).
  • Negrini A., Verzini N., Parzini S., Negrini S. Il trattamento cinesiterapico della scoliosi e della cifosi dell’adolescenza. In Atti Giornate ‘Rachide e Riabilitazione’ 14-15 giugno 2002, pp. 129 –141. Gruppo di Studio della scoliosi, Vigevano (PV), 2002
  • Pivetta S., Pivetta M. Tecnica della ginnastica medica. Cifosi-Lordosi-Arti inferiori. Edi-Ermes, Milano, 1998
  • Stagnara P. Les déformations du rachis. Ed. Masson, Paris, 1985

 

 


Monografia pubblicata dal Gruppo di Studio della Scoliosi nel 2003,
a cura di N Verzini, S Parzini.


 

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